Presentato al 68. Festival di Cannes, fuori concorso, Irrational man è l’ultima fatica di Woody Allen. Il film è il quarantaseiesimo lavoro scritto e diretto dal regista di Brooklyn. Woody Allen è una certezza, come ogni anno arriva puntuale con l’albero, i regali e i panettoni.
Abe Lucas è un professore di filosofia, appena approdato al campus di Brylin, in piena crisi esistenziale. Depresso, fuori forma e alcolizzato, Abe passa le sue giornate lasciandosi vivere e senza riuscire a trovare un senso alla sua vita di uomo e d’insegnante. Il fascino di Abe si divide tra Rita, una collega di chimica in crisi col marito, e la sua allieva Jill. Durante un pranzo in un café con Jill, Abe ascolta la conversazione del tavolo dietro di lui; un giudice intransigente e corrotto sta per togliere la custodia dei figli a una madre apparentemente ineccepibile. Da quel momento si risveglia qualcosa in Abe; si convince di dover uccidere il giudice, vivendo l’omicidio come il suo nuovo scopo esistenziale. Il delitto perfetto è visto da Abe come la sua buona azione verso il mondo e la rivalsa di una vita vissuta nell’anonimato morale.
Woody Allen infarcisce quello che dovrebbe essere un dramma con una carica di cinismo tipica del suo stile, riuscendo a trasformare un delitto in un episodio di riso noir. Era difficile fare peggio del precedente Magic in the moolight e questo film ha un respiro maggiore rispetto a quello dello scorso anno. L’uso eccezionale della macchina da presa, i colori pastosi della fotografia di Darius Khondji, la bravura di Joaquin Phoenix ed Emma Stone non fanno di Irrational man un capolavoro. Il racconto è affidato a due narratori contemporaneamente, Abe e Jill ci tengono informati di ogni cosa rimbalzandosi continuamente il punto di vista sugli eventi. Lo spettatore non è chiamato a ricostruire, a scoprire o a sorprendersi su qualcosa, è solo chiamato ad assistere.
La pellicola in alcune parti sembra qualcosa di già visto, già fatto meglio dallo stesso Allen o da altri. La bravura di Woody sta sempre nel riuscire a mischiare i generi e imprimere la sua cifra stilistica; vale lo stesso per l’esistenzialismo di cui è intriso ogni suo film. «Di cosa stiamo parlando? Moralità, scelta, estetica, casualità della vita?» sono i dubbi che attanagliano Abe e la domanda centrale di cui il film è la risposta.