Arianna (recensione) – #Venezia72

Arianna è il lavoro d’esordio di Carlo Lavagna all’interno della sezione Giornate degli autori alla 72. Mostra del Cinema di Venezia. Il film è stato accolto in maniera calorosissima dal pubblico, presente nella Sala Perla del palazzo del Casinò, alla prima assoluta.

Arianna è una ragazza poco più che ventenne, desiderosa di diventare donna; infatti, nonostante una cura ormonale, non ha ancora avuto il suo primo ciclo mestruale. La ragazza guarda il suo corpo con l’intenzione di scoprire se stessa e la propria sessualità, così come aspetta impaziente il primo rapporto con un coetanao. Arianna inizia a cercare risposte tra visite ginecologiche e l’archivio dell’ospedale in cui è stata partorita; qui scopre di essere un intersessuale (e non erroneamente ermafrodita), registrata Mattia e a tre anni operata per volere dei genitori.

Lavagna affronta un tema praticamente assente nella scena cinematografica e lo fa con estrema delicatezza. Il punto di vista attraverso il quale siamo invitati a guardare è quello della giovane protagonista. Arianna guarda alla sua diversità con estrema naturalezza, anche quando scopre la verità sulla sua nascita non si pone il problema di voler essere donna o uomo, rivendica solo la preclusione di una scelta che avrebbe voluto affrontare da sola. La scrittura del personaggio di Arianna si rivela di rara bellezza; il magnetismo della protagonista è reso sullo schermo dalla giovane Ondina Quadri al suo esordio attoriale. La natura incontaminata del lago di Bolsena fa da sfondo all’intera pellicola, conferendo un senso di equilibrio al film che rispecchia lo stato d’animo della protagonista. Lavagna s’impone come un regista promettente, misurato, asciutto e concreto.