Fuocoammare (recensione)

Fuocoammare è il vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino. Il regista Gianfranco Rosi, già vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 2013 per Sacro GRA, è l’unico italiano in concorso alla Berlinale 2016. Il film è stato realizzato grazie alla collaborazione tra l’Istituto luce, Rai cinema e Arté Francia.

Il documentario nasce inizialmente come corto per raccontare la tragedia degli sbarchi a Lampedusa. L’occhio del regista segue in parallelo il flusso migratorio, la vita del piccolo Samuele, quella della zia Maria e il lavoro del medico Pietro Bartolo. Non c’è nessun personaggio di finzione, tutti i protagonisti appaiono nel ruolo di se stessi.

Il lungometraggio ha avuto una gestazione lunga; infatti, il regista si è fermato per un anno nell’isola siciliana in modo da poter entrare in simbiosi con i ritmi e la vita del luogo. Rosi guarda i luoghi e le persone ma è il mare a fare da protagonista in tutta la sua complessità. Il regista spoglia il documentario dalla forma canonica dell’intervista e segue con occhio paziente le vicende dei protagonisti, senza pretendere niente ma prendendo solo quello che gli viene donato. I migranti vengono seguiti dai barconi alle navi di soccorso della marina militare, vengono mostrati all’interno dei centri d’accoglienza mentre giocano a calcio e nel momento delle visite mediche. Il dottor Pietro Bartolo si occupa del centro d’accoglienza di Lampedusa da anni e attraverso la sua esperienza lo spettatore riesce ad avere una testimonianza lucida e non piegata alla routine; per niente scontato è l’atteggiamento compassionevole e umano che il medico mostra nei confronti dei profughi. Il piccolo Samuele, figlio di pescatori locali, è forse l’emblema del film; il regista lo segue nei suoi pomeriggi di gioco con la fionda tra gli alberi e il suo occhio pigro diventa la metafora di Fuocoammare: cercare di guardare con altri occhi il flusso migratorio senza innalzare barriere fisiche ma abbattendo quelle mentali.

Il rapporto fra Lampedusa e il mare è il messaggio dell’opera: «tutto quello che viene dal mare è il benvenuto».

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